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SENTENZA ACCERTAMENTO LAVORO SUBORDINATO PDF Stampa E-mail

Di seguito viene riportata una recente sentenza del Tribunale di Monza in tema di rapporto di lavoro subordinato. autonomo e contratto di lavoro a progetto.

In sostanza secondo la unanime giurisprudenza, "ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato, si deve considerare che i requisiti essenziali del rapporto di lavoro subordinato consistono nell'assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo, gerarchico e disciplinare del datore, potere che si deve estrinsecare in specifici ordini (e non in semplici direttive, compatibili anche con il lavoro autonomo), oltre che nell'esercizio di una assidua attività di vigilanza e di controllo sull'esecuzione dell'attività lavorativa e nello stabile inserimento del lavoratore nell'organizzazione aziendale del beneficiario della prestazione", (Cass., 5464/98; cfr. anche Cass. 9718/94).
In particolare, "ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato, è determinante la sussistenza o meno del vincolo di subordinazione inteso quale vincolo personale che assoggetta il prestatore di opere al potere direttivo del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia; peraltro, l'entità delle direttive e del connesso potere di controllo deve essere correlata sia alla natura delle prestazioni (e sotto tale profilo assume rilievo la loro natura intellettuale o professionale), sia al ruolo dei prestatori nell'ambito dell'impresa ed ai loro rapporti con l'imprenditore sul piano della capacità e della fiducia" (v. Cass. 4 marzo 1998, n. 2370; cfr. anche Cass. 9 giugno 1998, n. 5710; Cass. 16 gennaio 1996, n. 326; Cass. 17 dicembre 1994, n. 10829; Trib. Torino 29 settembre 1997

Per quanto riguarda il contratto di lavoro a progetto l'art. 61 D.Lgs. 276/03 richiede che il progetto sia specifico, determinato dal committente e gestito autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato. Il risultato di cui all'art. 61 D.Lgs. 276/03, si è sostenuto, non può essere, in base alla ratio legis, quello cui tende l'organizzazione del committente, inteso cioè quale interesse finale dell'impresa, bensì il risultato dotato di una sua compiutezza e autonomia ontologica realizzato dal collaboratore con la propria prestazione e reso all'impresa quale adempimento della propria obbligazione. E' dunque l'opus di cui all'art. 2222 c.c. nella sua interpretazione rigorosa di oggetto di una obbligazione ad adempimento istantaneo, seppure a esecuzione prolungata nel tempo, volta alla realizzazione di un bene o servizio in vantaggio del committente.


A favore di questa tesi depone l'art. 67 che qualifica il progetto come oggetto, quindi elemento del contratto, in sintonia con l'art. 62 lett. b), e prevede quale ipotesi di risoluzione del contratto la realizzazione del progetto medesimo.
Analoghe implicazioni possono trarsi dall'art. 61 comma 1 che afferma l'indifferenza del tempo impiegato nell'attività lavorativa, previsione inconciliabile con una obbligazione che si assumesse di durata.

La mancata individuazione di uno specifico progetto, ed è sufficiente il riferimento al primo dei contratti, comporta le conseguenze di cui all'art. 69 comma 1 D.Lgs. 276/03. In base a tale disposizione, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l'individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso ai sensi dell'art. 61 comma 1, sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto.
L'interpretazione letterale, sistematica e logica depone nel senso della previsione, nell'art. 69 comma 1, di una presunzione assoluta di subordinazione.

Tribunale Modena Sezione Lavoro Civile

Sentenza del 30 gennaio 2008, n. 58

 LAVORO ED OCCUPAZIONE - LAVORO SUBORDINATO - Accertamento della natura subordinata del rapporto - Stabile inserimento del lavoratore nella organizzazione aziendale con esercizio su di esso di un potere gerarchico - Sussistenza

SENTENZA

nella causa iscritta nel ruolo generale delle controversie di lavoro con il n. 167/06, decisa all'udienza di discussione del 29.1.08, promossa da: (...), elettivamente domiciliato in Mo., Pi. De. Se. n. (...), presso lo studio degli avvocati E. Gi. e R. Br. che lo rappresentano e difendono come da procura speciale apposta in calce al ricorso introduttivo;
ricorrente contro Al. s.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avv. G. Ti. ed elettivamente domiciliata in Mo., via Fa. n. (...), presso lo studio legale Fr., come da procura speciale apposta a margine della comparsa di costituzione; convenuto Conclusioni di parte ricorrente come da pagg. 23, 24, 25 del ricorso.Conclusioni di parte convenuta come da pag. 6 della comparsa di costituzione.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 28.2.06 parte attrice, premesso:
- di aver prestato attività lavorativa a favore della (...) s.r.l. (divenuta Al. s.r.l. a seguito di mutamento di denominazione sociale a far data dal 13.12.04), presso l'unità locale di Bo. dal 12.5.04 al 31.5.04 senza la conclusione di alcun contratto;
- di aver concluso un primo contratto di lavoro a progetto con la (...) s.r.l. dal 31.5.04 al 31.7.04 avente ad oggetto l'esecuzione dell'attività di commerciale; - di aver concluso un secondo contratto di lavoro a progetto dall'1.8.04 al 31.12.04 ed un terzo con la Al. s.r.l. con decorrenza dall'1.1.05; di aver presentato le dimissioni il 23.3.05;- di aver svolto l'attività di ricerca di aziende interessate alla fornitura di manodopera come offerta dalla Al. s.r.l. e la ricerca del personale da inviare presso le aziende;
- di aver concluso, in nome e per conto della datrice di lavoro, contratti di appalto con le aziende e contratti di lavoro a progetto con i lavoratori, secondo le direttive, le istruzioni, i moduli specificamente predisposti dalla società convenuta;
- di essere stato trasferito a partire dal 4.10.04 presso la filiale di Vi. con funzioni di dirigente della stessa;
- di aver svolto in questa filiale, oltre alle mansioni di ricerca delle aziende e dei lavoratori, attività di ricerca di altro personale da assumere presso la filiale, assunzione e formazione degli stessi, sempre secondo le direttive impartite dalla società datoriale;
- di aver sempre utilizzato attrezzature, locali, macchinari, strumenti della società;
- di aver seguito un orario fisso di lavoro giornaliero stabilito dalla società;
- di aver seguito le istruzioni e direttive di carattere generale impartite dalla società attraverso un manuale operativo e di aver ricevuto istruzioni e direttive specifiche nel corso di riunioni mensili o attraverso e-mail o circolari giornaliere;
- che l'ing. M. ha coadiuvato, controllato la sua attività lavorativa ed il rispetto dell'orario, affiancandolo nello svolgimento di alcuni compiti;
- di aver ricevuto un prospetto ferie predisposto dalla società per tutti i collaboratori;
- che l'attività lavorativa è sempre stata svolta, sin dall'inizio, in modo da essere riconducibile alla fattispecie del lavoro subordinato e che i progetti allegati ai contratti conclusi sono assolutamente generici e quindi inesistenti;
ha convenuto in giudizio la Al. s.r.l. chiedendo di accertare che tra le parti si è costituito un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 12.5.04 al 23.3.05 e di condannare l'ex datrice di lavoro al pagamento delle differenze retributive calcolate in euro 13.907,83 ed al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali.
In subordine, accertare che i contratti a progetto conclusi violano il disposto dell'
art. 61
comma 1 D.Lgs. 276/03 per mancanza o indeterminatezza dei progetti e dichiarare, ai sensi dell'art. 69 comma 1 D.Lgs. 276/01, costituito tra le parti un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 31.5.04, condannare parte convenuta al pagamento delle differenze retributive calcolate in euro 13.907,83 ed al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali.
In via ulteriormente subordinata, accertare la costituzione tra le parti di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ai sensi dell'art. 69 comma 2 D.Lgs. 276/01, con condanna al pagamento delle differenze retributive e al versamento dei contributi.
La parte convenuta ha preliminarmente eccepito l'improcedibilità della domanda per mancato esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione.
Nel merito, ha contestato il contenuto del ricorso adducendo che nei contratti è ben individuabile un progetto, ha chiesto respingersi le domande ed accertarsi la piena legittimità del contratto di collaborazione intercorso tra le parti.
La causa, istruita sulla base delle sole produzioni documentali, è stata discussa e decisa all'udienza del 29.1.08 come da dispositivo di cui si è data lettura.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Deve anzitutto respingersi l'eccezione di improcedibilità sollevata da parte convenuta posto che i documenti prodotti dal ricorrente dimostrano l'avvenuto e regolare svolgimento del tentativo obbligatorio di conciliazione.
Parte ricorrente ha descritto, con dovizia di particolari, il tipo di attività svolta dalla (...) s.r.l., poi denominata Al. s.r.l., ed ha prodotto a supporto delle allegazioni il materiale informativo predisposto dalla società e distribuito ai collaboratori (cfr. doc. 20 e ss.).

La società convenuta ha come oggetto sociale, fra l'altro, l'attività di ricerca e selezione del personale (cfr. visure camerali in atti).
Come illustrato dal ricorrente nel corso dell'interrogatorio libero e come si ricava dal manuale di "percorso formativo", nonché dai volantini pubblicitari (doc. 48-51), la società concludeva contratti a progetto con il personale adibito all'attività commerciale, incaricato della ricerca e selezione dei lavoratori e delle aziende interessate alla manodopera.
Stipulava con queste ultime contratti di appalto, divenendo appaltatrice dei servizi richiesti dalle medesime ed eseguiva l'attività appaltata tramite lavoratori con cui concludeva contratti a progetto aventi ad oggetto, a loro volta, l'esecuzione del servizio appaltato.
Il ricorrente, in sede di interrogatorio libero, ha riferito: "la Al. prendeva da internet o pagine gialle i nominativi di aziende che cercavano personale, venivano contattate le aziende telefonicamente dai direttori e commerciali. Noi ci presentavamo come agenzia di servizi operante nel settore del personale, spiegavamo che potevamo stipulare con le aziende contratti di appalto di manodopera che consentiva loro un risparmio. Se le aziende ci davano il benestare e ci indicavano di quali figure avevano bisogno, noi ci mettevamo in moto per cercare personale, sia con annunci sul giornale e sia tramite internet. Poi facevamo i colloqui, portavamo il personale presso le aziende utilizzatrici e con i lavoratori stipulavamo contratti a progetto".
Questo modus operandi della società, che appare in contrasto con diverse disposizioni del D.Lgs. 276/03 non è stato contraddetto né smentito dalla convenuta.Il legale rappresentante della Al. s.r.l. non è comparso a rendere il libero interrogatorio e ciò senza addurre alcun legittimo impedimento (il difensore di parte convenuta ha dichiarato all'udienza del 25.10.07 che il predetto si è reso irreperibile).
Nella comparsa di risposta la società si è limitata a ribadire l'irrilevanza di questa parte meramente ricostruttiva del ricorso.
Il ricorrente ha allegato di aver lavorato per la (...) s.r.l. a far data dal 12.5.04 e fino al 31.5.04.
Ha precisato di aver svolto mansioni di commerciale presso l'unità locale di Bo. in via Gu. n. (...), di aver rispettato un rigoroso orario di lavoro, utilizzato i locali, gli strumenti e i beni messi a disposizione da parte datoriale, di aver ricevuto un compenso prestabilito, di aver seguito le direttive e le istruzioni del responsabile dell'ufficio, sig. M., e di essere stato sottoposto al suo costante controllo.
Ha spiegato, nel corso del libero interrogatorio: "il 12.5.04 quando ho iniziato il lavoro non avevo alcun contratto. Il primo contratto mi è stato stipulato il 31.5.04. Io fino a che ho lavorato a Bo. ero in ufficio con loro e osservavo un orario fisso. Giorno per giorno ricevevo direttive e spiegazioni. La prima cosa che mi era stato detto di fare era accogliere chi veniva in ufficio per offrire lavoro. C'erano moduli che i lavoratori dovevano compilare, io dovevo ad esempio chiedere i documenti agli extracomunitari e fare le fotocopie e poi dovevo inserire i dati nel data base. Dopo alcuni giorni M. mi disse di cominciare a contattare le aziende, mi diede un settore estrapolato dalle pagine gialle ed esattamente il settore produzione o installazione di condizionatori di Bo. e provincia. Io ho cominciato a telefonare alle aziende. Il M. mi diede un foglio con scritto quello che dovevo dire. Io poi andavo presso le aziende, sempre con M., presentavamo l'azienda e davamo le brochure. Quando la prima azienda chiese lavoratori, io in ufficio cercai i lavoratori adatti, li proposi all'azienda, dopo che ebbi l'ok su un lavoratore, lo feci venire in ufficio, gli spiegai tutto, e poi lo accompagnai in azienda sempre col M.. M. all'inizio partecipava ai miei colloqui con i lavoratori ma dopo no".
Parte convenuta, nella comparsa di costituzione, non ha fatto alcun cenno a questo periodo del rapporto lavorativo e quindi non ha in alcun modo contestato le allegazioni precise e puntuali del ricorrente.
Come è noto, "nel rito del lavoro la non contestazione dei fatti allegati in ricorso, tendenzialmente irrevocabile, rende gli stessi non controversi, e dunque non bisognosi di prova, pur trovando tale principio applicazione con riferimento ai soli fatti da accertare nel processo e non anche con riferimento alla determinazione della dimensione giuridica di tali fatti ed ai fatti dedotti in esclusiva funzione probatoria", (Cass., ss.uu., 11353/04).In particolare, si è affermato che "a fronte di un onere specificamente imposto dal dettato legislativo, la mancata contestazione del fatto costitutivo del diritto rappresenta in positivo e di per sé l'adozione di una linea difensiva incompatibile con la negazione del fatto, rendendo inutile provarlo perché lo rende non controverso", (Cass., ss.uu., cit.).
La mancata contestazione da parte della società convenuta dei fatti allegati dall'attore, quanto al tempo ed ai modi della prestazione lavorativa svolta, fa sì che i fatti stessi, costitutivi del diritto vantato, possano ritenersi pacifici.
Gli elementi descrittivi delle modalità di lavoro paiono sufficienti a dimostrare il carattere subordinato del rapporto.
Secondo la unanime giurisprudenza, "ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato, si deve considerare che i requisiti essenziali del rapporto di lavoro subordinato consistono nell'assoggettamento del lavoratore al potere organizzativo, gerarchico e disciplinare del datore, potere che si deve estrinsecare in specifici ordini (e non in semplici direttive, compatibili anche con il lavoro autonomo), oltre che nell'esercizio di una assidua attività di vigilanza e di controllo sull'esecuzione dell'attività lavorativa e nello stabile inserimento del lavoratore nell'organizzazione aziendale del beneficiario della prestazione", (Cass., 5464/98; cfr. anche Cass. 9718/94).

In sostanza, "ai fini della distinzione tra lavoro autonomo e lavoro subordinato, è determinante la sussistenza o meno del vincolo di subordinazione inteso quale vincolo personale che assoggetta il prestatore di opere al potere direttivo del datore di lavoro, con conseguente limitazione della sua autonomia; peraltro, l'entità delle direttive e del connesso potere di controllo deve essere correlata sia alla natura delle prestazioni (e sotto tale profilo assume rilievo la loro natura intellettuale o professionale), sia al ruolo dei prestatori nell'ambito dell'impresa ed ai loro rapporti con l'imprenditore sul piano della capacità e della fiducia" (v. Cass. 4 marzo 1998, n. 2370; cfr. anche Cass. 9 giugno 1998, n. 5710; Cass. 16 gennaio 1996, n. 326; Cass. 17 dicembre 1994, n. 10829; Trib. Torino 29 settembre 1997, in Lav. giur., 1998, 154)
.Nel caso in esame, emerge in modo chiaro lo stabile inserimento del ricorrente nell'organizzazione aziendale, l'esercizio sull'attività del medesimo di un potere gerarchico attuato attraverso ordini e direttive specifiche ed una costante attività di vigilanza e controllo tale da non lasciare alcun margine di autonomia gestionale al predetto.
L'attività del lavoratore era in tutto regolata da elenchi di ditte da contattare, proposte già definite da sottoporre al cliente, modalità prefissate di reperimento e registrazione della manodopera, stampati per la conclusione dei vari contratti, cosicché le prestazioni erano essenzialmente esecutive.Il (...) aveva un orario prestabilito, un compenso fisso mensile, fu anche destinatario di un richiamo disciplinare (cfr. doc. 16 ric.) e fu spesso affiancato dal superiore nello svolgimento di alcuni compiti.
In base a tali considerazioni, deve ritenersi accertato che il (...) abbia svolto dal 12.5.04 al 31.5.04 presso l'unità locale di Bo. la propria attività sulla base di un rapporto di lavoro subordinato.
Spettano quindi al ricorrente le differenze retributive relative al periodo suddetto, come risultanti dai conteggi non contestati, con versamento dei relativi contributi previdenziali ed assistenziali.

Il rapporto di lavoro tra le parti è pacificamente proseguito dopo il 31.5.04 con una veste formale di lavoro a progetto.
Parte ricorrente ha allegato che anche dopo il 31.5.04 l'attività è stata svolta con i medesimi contenuti e caratteri già descritti e sintomatici dell'esistenza del vincolo di subordinazione. Come spiegato in ricorso, il (...) ricercava le aziende interessate alla fornitura di manodopera offerta dalla (...) s.r.l., poi Al. s.r.l., ricercava il personale idoneo ad eseguire dette mansioni, stipulava con le aziende i contratti di appalto sulla base di moduli prestabiliti dalla datrice di lavoro, concludeva con i lavoratori contratti a progetto o di associazione in partecipazione, sempre su moduli già predisposti, utilizzava per lo svolgimento di tutti i compiti, compresi quelli di direttore della filiale di Vi., locali, attrezzature e beni della società, osservava l'orario di lavoro giornaliero dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 15.00 alle 19.00, orario imposto da parte datoriale, seguiva le istruzioni e direttive di cui al citato manuale di percorso formativo e gli ordini specifici dati nel corso di riunioni mensili o attraverso posta elettronica prima dal sig. M., direttore della filiale di Bo., e poi dai signori T. e C., il primo direttore dell'area manager ed il secondo vicepresidente della (...) s.r.l. e poi amministratore delegato della Al. s.r.l..
Anche nel periodo successivo al 31.5.04 il sig. M. lo affiancava nei colloqui con le aziende, controllava il rispetto dell'orario di lavoro tramite telefonate e visite ispettive, predisponeva il prospetto ferie.Il suo compenso comprendeva un fisso mensile che nelle buste paga veniva indicato sotto varie voci, al fine di eludere la tassazione.Parte convenuta nella comparsa di costituzione non ha contestato le allegazioni sui fatti ma si è limitata a contraddire le conseguenze giuridiche che il ricorrente ha tratto dalle stesse.
Più esattamente, non ha messo in dubbio che il (...) non avesse alcun rischio di impresa, avesse un compenso in misura fissa ed un preciso orario di lavoro ma ha asserito che orario prestabilito e compenso fisso non sono incompatibili con la figura delle collaborazioni coordinate e continuative e che l'esistenza di una organizzazione di mezzi e il rischio di impresa sono propri del lavoro autonomo ma non delle collaborazioni di cui all'art. 409 n. 3 c.p.c..Ha poi ammesso che la società fece un richiamo scritto al ricorrente a causa di gravi negligenze e ha addotto, quanto alle ferie, che i collaboratori godevano della massima libertà nella scelta dei periodi di riposo.
La società convenuta ha quindi ammesso che il ricorrente seguiva un orario fisso di lavoro e percepiva un compenso prestabilito e che fu oggetto di un richiamo scritto.Non ha sollevato alcuna contestazione quanto all'utilizzo di beni, strumenti e locali aziendali e, soprattutto, quanto alla esistenza di ordini specifici, di un controllo piramidale, di verifiche quotidiane sul rispetto dell'orario e sui contenuti dell'attività. La società convenuta ha contestato in modo esplicito solo il fatto relativo alla predisposizione da parte datoriale del prospetto ferie, adducendo che i collaboratori avevano piena libertà di scegliere i periodi di riposo.
Affermazione questa poco compatibile con l'esistenza di un orario di lavoro prestabilito.
Anche in relazione al periodo successivo al 31.5.04 le allegazioni in fatto di parte ricorrente sulle modalità di lavoro non sono state contestate da parte convenuta o lo sono state in modo assolutamente generico ed inefficace.
Come si legge in Cass., ss.uu., 11353/04, "è opportuno ... evidenziare con riferimento ai fatti sui quali si fonda la domanda attrice come la contestazione - per evitare ricadute pregiudizievoli per il convenuto - non possa essere generica, non possa cioè concretizzarsi in formule di stile, in espressioni apodittiche o in asserzioni meramente negative, ma debba essere invece puntuale, circostanziata, dettagliata ed onnicomprensiva di tutte le circostanze in relazione alle quali viene chiesta l'ammissione della prova. Non è invero priva di significato l'espressione "in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione", inclusa nell'incipit del terzo comma dell'art. 416 c.p.c. ("Nella stessa memoria il convenuto deve prendere posizione, in maniera precisa e non limitata ad una generica contestazione, circa i fatti affermati dall'attore a fondamento della domanda") - e non rinvenibile nel testo dell'art. 167 c.p.c. avente ad oggetto la comparsa di risposta ("Nella comparsa di risposta il convenuto deve proporre tutte le sue difese prendendo posizione sui fatti posti dall'attore a fondamento della domanda") - trovando detta espressione la sua logica spiegazione in quella che è stata definita come una "tendenziale unicità" dell'udienza di discussione ex art. 420 c.p.c. articolata - diversamente da quella di prima comparizione ex art. 180 c.p.c. - in modo da consentire la immediata definizione del giudizio, perseguibile in ragione della (già indicata) circolarità tra oneri di allegazione, di contestazione e di prova, nonché della completa specificazione dei dati fattuali, che nel rito del lavoro connotano, appunto, gli atti iniziali di ciascuna parte del giudizio (ricorso ex art. 414 c.p.c. e memoria difensiva ex art. 416 c.p.c.) ".
Tanto basta a far ritenere pacifici i fatti costitutivi del diritto vantato e non necessaria l'istruzione probatoria anche in relazione al rapporto svolto dopo il 31.5.04. Occorre anche considerare che gli elementi di fatto esposti in ricorso sono stati ulteriormente illustrati da parte ricorrente nel corso del libero interrogatorio.La mancata comparizione di parte convenuta a tale incombente costituisce, in relazione agli artt. 420 e 116 c.p.c. e al contenuto generico della comparsa di costituzione, elemento sintomatico della insussistenza di validi argomenti difensivi.Gli ulteriori elementi ricavabili dall'interrogatorio libero avvalorano la tesi del ricorrente e dimostrano l'inserimento stabile del predetto nell'organizzazione aziendale, la sua sottoposizione ad una eterodirezione per tutti gli aspetti qualificanti del lavoro, orari, ferie, tipo e contenuti delle prestazioni, determinazione dei compensi.Da quanto detto discende l'accertamento dell'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra le parti a far data dal 31.5.04 e fino al 23.3.05, data delle dimissioni, con obbligo di parte convenuta al pagamento delle differenze retributive, come da conteggi non contestati, ed al versamento dei contributi assistenziali e previdenziali.
Ove, tuttavia, si ritenesse non adeguatamente dimostrata la sussistenza del vincolo di cui all'
art. 2094 c.c., dovrebbe comunque accogliersi la domanda, proposta in via subordinata, ai sensi dell'art. 69 comma 1 D.Lgs. 276/03.
Al contratto concluso il 31.5.04 è allegato un progetto così formulato: "esecuzione delle opere e/o servizi di cui al contratto stipulato il 31/5 tra la committente (...) s.r.l. (appaltatrice) e l'azienda appaltante per la durata di mesi due avente per oggetto commerciale di cui la corretta esecuzione atta alla realizzazione e svolgimento del contratto di appalto costituisce il progetto/programma di lavoro oggetto del presente contratto di lavoro di cui agli artt. da 61 a 69 del decreto legislativo 276/03".
Il progetto non reca alcuna indicazione sulla ditta appaltante né è allegato un contratto di appalto.
Identica dizione è usata nel progetto allegato al contratto del 30.7.04.
In quest'ultimo manca non solo l'indicazione della ditta appaltante ma anche della durata del contratto di appalto.
Diverso è il progetto allegato al terzo contratto, quello dell'1.1.05, così formulato: "procacciamento di clientela nel settore outsourcing per la committente Al. s.r.l., nonché l'effettuazione della relativa ricerca e selezione del personale, il tutto nel rispetto delle normative di sicurezza e prevenzione del lavoro, fino al raggiungimento del fatturato individuale di cinquecentomila euro. Il lavoro verrà svolto coordinandosi con la dirigenza della committente, nel rispetto delle relative politiche commerciali e strategiche".

L'obiettivo esplicitato è quello del "raggiungimento del budget fissato di euro cinquecentomila mensili". In quest'ultimo contratto non è indicato alcun limite temporale.Esaminando il progetto allegato ai primi due contratti, appare evidente l'insussistenza dei requisiti di cui al D.Lgs. 276/03.Il progetto non può riguardare la corretta esecuzione del servizio appaltato alla (...) s.r.l., posto che l'oggetto dell'appalto non è in alcun modo indicato così come non è individuata la ditta appaltante.
Il progetto sembra doversi individuare nello svolgimento da parte del ricorrente della attività commerciale necessaria a rendere possibile l'esecuzione da parte di (...) s.r.l. dei servizi appaltati da eventuali ditte.
In pratica, come spiegato in ricorso, compito del ricorrente era quello di ricercare aziende che avessero bisogno di manodopera, concludere con queste contratti di appalto di servizi e fornire alle stesse manodopera anch'essa da ricercare.
Questa attività, non solo coincide con l'oggetto sociale della Al. s.r.l., ma non appare finalizzata ad alcun risultato individuato in maniera specifica ed in funzione del quale sia determinata o determinabile una durata.
La reiterazione del medesimo contratto a progetto costituisce una spia significativa della inesistenza di un risultato predeterminato, individuabile e non coincidente con lo svolgimento delle mansioni proprie dell'attività sociale.
Una conferma in tal senso si ricava proprio dalla comparsa di costituzione ove si legge che "nel contratto è ben individuabile il progetto a cui il ricorrente deve collaborare, cioè gestire ed organizzare l'attività sociale della Al. nel territorio di propria competenza".
L'
art. 61 D.Lgs. 276/03 richiede che il progetto sia specifico, determinato dal committente e gestito autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato.Il risultato di cui all'art. 61 D.Lgs. 276/03, si è sostenuto, non può essere, in base alla ratio legis, quello cui tende l'organizzazione del committente, inteso cioè quale interesse finale dell'impresa, bensì il risultato dotato di una sua compiutezza e autonomia ontologica realizzato dal collaboratore con la propria prestazione e reso all'impresa quale adempimento della propria obbligazione. E' dunque l'opus di cui all'art. 2222 c.c. nella sua interpretazione rigorosa di oggetto di una obbligazione ad adempimento istantaneo, seppure a esecuzione prolungata nel tempo, volta alla realizzazione di un bene o servizio in vantaggio del committente.

A favore di questa tesi depone l'art. 67 che qualifica il progetto come oggetto, quindi elemento del contratto, in sintonia con l'art. 62 lett. b), e prevede quale ipotesi di risoluzione del contratto la realizzazione del progetto medesimo.
Analoghe implicazioni possono trarsi dall'art. 61 comma 1 che afferma l'indifferenza del tempo impiegato nell'attività lavorativa, previsione inconciliabile con una obbligazione che si assumesse di durata.Il progetto allegato ai primi due contratti è assolutamente generico, non legato ad un risultato, privo dei requisiti minimi indispensabili richiesti dal D.Lgs. 276/03
.
Stesse considerazioni possono farsi per il terzo contratto, privo peraltro di un elemento necessario, vale a dire la durata determinata o determinabile della prestazione di lavoro.La mancata individuazione di uno specifico progetto, ed è sufficiente il riferimento al primo dei contratti, comporta le conseguenze di cui all'
art. 69
comma 1 D.Lgs. 276/03.In base a tale disposizione, i contratti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l'individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso ai sensi dell'art. 61 comma 1, sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto.
L'interpretazione letterale, sistematica e logica depone nel senso della previsione, nell'art. 69 comma 1, di una presunzione assoluta di subordinazione.
Occorre considerare che la stessa espressione, "sono considerati", è già stata utilizzata in passato dal legislatore per perseguire il medesimo fine nel divieto di interposizione di manodopera.Ai sensi dell'art. 1 u.c. L. 1369/60, "i prestatori di lavoro occupati in violazione dei divieti posti dal presente articolo, sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'imprenditore che effettivamente abbia utilizzato le loro prestazioni".Una formula analoga è adoperata nell'
art. 27
D.Lgs. 276/03 sulla somministrazione irregolare.
Il legislatore del 2003 ha inteso bandire, salvo alcune eccezioni, le fattispecie di collaborazioni coordinate e continuative senza progetto, sul presupposto della finalità elusiva delle stesse.L'
art. 61
comma 1 D.Lgs. 276/03 stabilisce che "i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso".
L'art. 61 comma 2 elenca tassativamente le ipotesi di collaborazioni coordinate e continuative senza progetto che possono sopravvivere.
L'art. 86 comma 1, nel dettare la disciplina transitoria, sancisce la perdita di efficacia al 24.10.04 delle collaborazioni già stipulate e che non possano essere ricondotte ad un progetto.La rubrica dell'art. 69 è univoca: "divieto di rapporti di collaborazione atipici e conversione del contratto"In sostanza, le collaborazioni coordinate e continuative senza progetto non sono nel nostro ordinamento più legittime, eccetto i casi di cui all'art. 61 comma 2, in quanto costituiscono per definizione rapporti fraudolenti a danno del lavoratore.
Il divieto è posto espressamente dall'art. 61 ed è sanzionato dall'art. 69 con la conseguenza tipica adottata dall'ordinamento per combattere le condotte in frode alla legge, cioè facendo discendere dal contratto quegli effetti legali che le parti, o meglio il contraente più forte, volevano eludere.La stessa legge delega prevedeva l'introduzione di un adeguato sistema sanzionatorio in caso di inosservanza delle disposizioni di legge.Parte della dottrina ha sollevato dubbi sulla legittimità costituzionale dell'art. 69 comma 1, ove interpretato nel senso della presunzione assoluta, sul rilievo della violazione del principio di indisponibilità del tipo legale (artt. 3 e 35 Cost.) e della irragionevole limitazione dell'autonomia contrattuale (art. 41 Cost.).Anzitutto, è lo stesso art. 41 comma 2 Cost. che autorizza il legislatore a limitare l'autonomia privata qualora l'esercizio della stessa possa recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana e non vi è dubbio che una condotta fraudolenta volta a ridurre le garanzie del lavoratore costituisca attentato alla sua dignità.
Quanto al tema della indisponibilità del tipo legale, la Corte Costituzionale (sentenze n. 121/93, 115/94) ha sì affermato che nel nostro ordinamento giuridico sarebbe interdetto al legislatore il potere di qualificare in astratto un rapporto di lavoro come autonomo o subordinato negando al giudice il potere di interpretare autonomamente i fatti rilevanti per determinare la sua corretta qualificazione giuridica, ma ciò solo ove dalla qualificazione imposta dal legislatore "derivi l'inapplicabilità delle norme inderogabili previste dall'ordinamento per dare attuazione ai principi e alle garanzie dettate dalla Costituzione a tutela del lavoro subordinato".

Tale evenienza certamente non si profila nel caso in esame, risultando l'interpretazione dell'art. 69 comma 1, nel senso della presunzione assoluta, quella maggiormente compatibile con le garanzie costituzionali del lavoro subordinato.
Non può in alcun modo condividersi la giurisprudenza di merito che, in conformità al testo della circolare ministeriale, intravede nell'art. 69 comma 1 la previsione di una presunzione relativa "che può essere superata qualora il committente fornisca in giudizio prova dell'esistenza di un rapporto di lavoro effettivamente autonomo" (cfr. circolare n. 1/04).
Ove si adottasse questa tesi si finirebbe per far rivivere, in contrasto con la lettera e la ratio delle disposizioni citate, le collaborazioni coordinate e continuative senza progetto.
Inoltre, non si vede in che modo il datore convenuto potrebbe utilmente dimostrare l'esistenza di un rapporto di lavoro autonomo, smentendo il contratto di collaborazione senza progetto, o con progetto indeterminato, concluso col lavoratore.
Né si comprende, dal punto di vista logico, per quale ragione il datore di lavoro avrebbe dovuto far ricorso al contratto a progetto se nell'intento delle parti e nei fatti il rapporto fosse stato sin dall'inizio di tipo autonomo.
La conferma della pretestuosità di una simile tesi è data dalla totale assenza di casi giurisprudenziali in cui la facoltà di prova contraria concessa a parte datoriale abbia dato risultati positivi per la medesima.
Tornando al caso in esame, appurata l'inesistenza di un progetto che abbia i requisiti di cui al D.Lgs. 276/03 ed in virtù della presunzione assoluta posta dall'art. 69 comma 1, deve considerarsi costituito tra le parti un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato dal 31.5.04, data di conclusione del primo contratto a progetto.
Da ciò deriva la condanna di parte convenuta al pagamento delle differenze retributive come indicate nei conteggi non contestati e redatti in conformità alle previsioni del ccnl dipendenti aziende terziario e servizi applicabile, ai sensi dell'art. 36 Cost., quale parametro di giusta retribuzione (cfr. Cass., 5519/04; Cass., 2144/05).Parte convenuta dovrà inoltre provvedere al versamento dei relativi contributi assistenziali e previdenziali.Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Visto l'art. 429 c.p.c., definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda o eccezione disattesa e respinta, dichiara costituito tra le parti un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dal 12.5.04 e fino al 23.3.05.
Condanna parte convenuta a corrispondere al ricorrente, a titolo di differenze retributive, la somma di euro 13.907,83 ed a versare i contributi previdenziali ed assistenziali, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali sulla somma via via rivalutata dalla data di maturazione del diritto al saldo.Condanna parte convenuta alla rifusione delle spese di lite che liquida in euro 3.500,00 di cui euro 300,00 per spese, euro 1.000,00 per diritti ed euro 2.200,00 per onorari, oltre rimborso forfettario spese generali, IVA e CPA come per legge.

 

 
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