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DETERIORAMENTO IMMOBILE PDF Stampa E-mail
Guasti o deterioramenti dell'immobile dovuti per effetto di naturale usura non sono riconducibili tra i vizi indicati nell'art. 1578 Cod. Civ. Lo hanno ribadito i giudici della Suprema Corte che non possono essere ricompresi tra i vizi della cosa locata ex art. 1578 c.c. quei guasti o deterioramenti della stessa, dovuti alla naturale usura, effetto del tempo, ovvero ad accadimenti accidentali (quale la rottura del tubo dell'impianto di riscaldamento). Di seguito sentenza integrale. SENTENZA sul ricorso proposto da: SRL, in persona del suo legale rappresentante sig., elettivamente domiciliata in Ro. presso lo studio dell'avvocato, che la difende, giusta delega in atti – ricorrente -; contro XXX - intimata - avverso la sentenza n. 2508/02 della Corte d'Appello di Roma, terza sezione civile, emessa il 26/06/02, depositata il 11/07/02, R.G.781/01; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/02/06 dal Consigliere Dott. Giulio LEVI; udito l'Avvocato ; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale che ha concluso per l'inammissibilità dei documenti presentanti in violazione dell'art. 372 c.p.c. e rigetto del ricorso. FATTO L'intimata con ricorso per intimazione di sfratto per morosità con contestuale atto di citazione per convalida e richiesta di decreto ingiuntivo - notificato alla S.r.l. in data 23.2.1998 e depositato il 24.2.1988 - esponeva che la S.r.l., locataria della porzione immobiliare, sita in (...), di sua proprietà, con il contratto di locazione registrato il ...1994 per il canone mensile di L. 2.438.000 per il periodo di sei anni dal 16.1.1994 al 15.1.2000 ad uso esclusivo d'esposizione vendita e riparazione ascensori, si era resa morosa alla data dell'1.2.1998 per la somma di L. 30.485.013 nel pagamento dei canoni, oltre accessori e interessi di mora. Il Pretore di Roma in data 19.5.1998 aveva convalidato lo sfratto per morosità a cui la S.r.l., non si era opposta, avendo inviato disdetta di recesso anticipato del contratto di locazione, per gravi danni subiti, a seguito dell'inagibilità dei locali e per eccessiva onerosità. In data 7.10 1998 su ricorso della XXX. veniva notificato d.i. del 3.6.1998 del Pretore di Roma per la somma di L. 61.327.000 a cui la S.r.l. si opponeva deducendo la nullità del decreto monitorio per mancanza di notifica nel termine di sessanta giorni dall'emissione. Il Tribunale di Roma con sentenza 7934 del 12.5/2.6.2000 rigettava la domanda di riduzione del canone e di restituzione di quanto pagato in eccedenza, proposta dalla S.r.l. Dichiarava l'inammissibilità della domanda riconvenzionale proposta dalla xxx, Dichiarava l'inefficacia del d.i. emesso su ricorso dell'intimata. Condannava la S.r.l. a pagare alla XXX. la somma di L. 57.525.808, oltre interessi e spese. Con ricorso in appello notificato il 12.3.2001 la S.r.l. conveniva in giudizio la XXX., perché, previa ammissione di C.T.U. in materia idraulica ed edilizia, in accoglimento dell'appello ed in riforma della sentenza impugnata, fosse determinato il giusto canone dovuto in seguito al degrado dei locali e che la XXX. fosse condannata al risarcimento dei relativi danni, nonché alle spese dei due gradi di giudizio. La Fondazione chiedeva il rigetto dell'appello. La Corte d'Appello di Roma con sentenza 11.7.2002 rigettava l'appello. Ricorreva per Cassazione la S.r.l. con due motivi. Non si costituiva l'intimata. Depositava memoria la ricorrente. DIRITTO Il ricorso viene affidato ai seguenti motivi: 1) Violazione dell'art. 360, n. 3. c.p.c., in relazione agli articoli, 1575, 1576 e 1578 (violazione e falsa applicazione di norme di diritto) 2) Violazione dell'art. 187 c.p.c., in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c.: violazione di norme di diritto e omessa motivazione su un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti. Assume la ricorrente che il Tribunale di Roma nella suddetta sentenza aveva sostenuto che l'istituto della riduzione del canone, invocato dalla S.r.l., trovava riscontro applicativo nella sola ipotesi in cui la cosa locata fosse affetta da vizi che ne diminuissero in modo apprezzabile l'idoneità all'uso pattuito ex art. 1578 ce. e che il discriminante tra i vizi del bene ed i guasti o inconvenienti che il locatore è tenuto ad eliminare ai sensi dell'art. 1576 c.c., stava nel tipo di intervento che sarebbe necessario, nell'uno o nell'altro caso, per il ripristino della piena funzionalità della cosa locata: quando il difetto sia eliminabile con una operazione ordinaria si rientrerebbe nella previsione di cui all'art. 1576 c.c., mentre nel caso di vizi che non siano in alcun modo rimovibili, troverebbe applicazione il disposto dell'art. 1578 c.c., con i rimedi in esso contemplati. Assume ancora la ricorrente che la sentenza, quindi, erroneamente, nella mancanza delle prove della sussistenza dei vizi della cosa locata, aveva ritenuto che la domanda attrice non meritasse accoglimento, sentenza che veniva confermata da quella della Corte territoriale. Assume la ricorrente che posto che in base all'art. 1575 c.c. il locatore è responsabile per inadempimento, qualora non provveda a mantenere la cosa locata in stato da servire all'uso convenuto, la gravità dell'inadempimento deve essere considerata più che in relazione alla sua entità oggettiva, all'importanza che essa assume avuto riguardo all'interesse che l'altra parte intende realizzare e che può assurgere, prescindendo da una valutazione economica, ad elemento fondamentale di valutazione, in quanto si pone come causa di / turbamento delle pattuite prestazioni corrispettive. Il motivo non è fondato e va rigettato. Orbene, siffatto apprezzamento si sottrae alla censura del ricorrente, essendo non solo esattamente ispirato all'indirizzo di questa Corte, che anche più di recente (v. sent. 18.4.2001, n. 5682) ha ribadito che non possono essere ricompresi tra i vizi della cosa locata ex art. 1578 c.c. quei guasti o deterioramenti della stessa, dovuti alla naturale usura, effetto del tempo, ovvero ad accadimenti accidentali (quale la rottura del tubo dell'impianto di riscaldamento), ma altresì nella specie considerata risulta esattamente inquadrata dal giudice del merito Si osserva al riguardo che la Corte d'appello, rifacendosi alla sentenza di questa Corte del 6.3.1995, n. 2605, ha affermato che costituiscono vizi della cosa locata, agli effetti dell'art. 1578 c.c., quelli che incidono sulla struttura materiale della cosa, alterandone l'integrità in modo tale da impedirne o ridurne notevolmente il godimento secondo la destinazione contrattuale, anche se sono eliminabili e si manifestano successivamente alla conclusione del contratto di locazione. Alla stregua di detto principio il giudice di appello ha escluso, che, nella specie, costituissero vizi della cosa locata ai sensi dell'art. 1578 c.c., con i relativi rimedi, quelli riguardanti il cattivo funzionamento degli scarichi, la difettosa tenuta dei pluviali e delle tubazioni idriche. Con il secondo motivo la ricorrente deduce che sulla richiesta di ammissione di C.T.U. per accertare la causa di numerosi allagamenti e persistenti infiltrazioni ecc., non si è pronunciato il Giudice (domanda peraltro reiterata in giudizio d'appello), e quindi in merito alla riduzione del canone, per la destinazione dell'immobile locato rispetto all'uso contrattualmente pattuito. Anche tale motivo va rigettato. Infatti, la censura si presenta inammissibilmente generica, atteso che non contiene alcun cenno specifico della pretesa non esaustività della consulenza di parte utilizzata dai giudici del merito per il riportato apprezzamento dei vizi allegati. Conclusivamente il ricorso va rigettato, senza che si debba provvedere in ordine alle spese di questo giudizio non essendosi costituita l'intimata. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Nulla per spese giudiziali. Corte di Cassazione Sezione 3 Civile,Sentenza del 18 aprile 2006, n. 8942
 
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